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I referendum sulla giustizia

Il 16 febbraio 2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili cinque referendum in materia di giustizia e sui quali i cittadini saranno chiamati ad esprimersi nella prossima primavera.

Più nel dettaglio i quesiti referendari dichiarati ammissibili hanno per oggetto:

-        l’abrogazione delle disposizioni in materia di incandidabilità

-        la limitazione delle misure cautelari

-        la separazione delle funzioni dei magistrati

-        l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del CSM

-        la partecipazione degli avvocati ai Consigli giudiziari.

Il primo quesito riguarda l’abrogazione della legge Severino (D.lgs. n. 235/2012), provvedimento che prevede l’automatica incandidabilità, ineleggibilità e decadenza per parlamentari, rappresentanti di governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali in caso di condanna penale.

Per i promotori del referendum la legge non ha raggiunto il proprio obiettivo e le conseguenze previste sono risultate eccessivamente afflittive in caso di successiva assoluzione dell’imputato.

Abrogando la norma, si eliminerebbe l’automatismo, e la scelta se applicare ai politici l’interdizione dai pubblici uffici verrebbe rimessa ai magistrati che valuteranno caso per caso.

Il secondo quesito concerne la limitazione delle misure cautelari e mira all’abrogazione dell’articolo 274 comma 1 lettera c del codice di procedura penale, nella parte in cui consente di disporre la custodia cautelare in carcere quando sussiste concreto e attuale pericolo che la persona sottoposta alle indagini o l’imputato, commetta un reato della stessa specie di quello per cui si procede.

I promotori del referendum evidenziano chein un sistema pur sempre dominato dalla presunzione di innocenza – lo strumento della carcerazione preventiva determina conseguenze negative che incidono gravemente non solo sul bene primario della libertà, ma ledono pesantemente anche la sfera familiare, lavorativa e reputazionale di chi ne venga attinto. L’abuso di una misura così afflittiva in situazioni in cui il rischio di reiterazione non esisteva effettivamente ha fatto della carcerazione preventiva un’anticipazione della pena.

Il terzo quesito riguarda la separazione delle funzioni dei magistrati. Secondo quanto chiarito dal Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, non dove parlarsi di separazione delle carriere, essendo questa unica, bensì di limitazione del passaggio tra la funzione di Pubblico Ministero (appartenente alla cosiddetta magistratura requirente) e di giudice (la magistratura giudicante) e viceversa.

Le ragioni dei promotori del referendum soggiacciono a esigenze di trasparenza nei ruoli e di garanzia di terzietà del giudice rispetto alla pubblica accusa.

Nel caso in cui dovesse vincere il sì al referendum, il magistrato all’inizio della propria carriera dovrà decidere se svolgere la funzione giudicante o requirente.

Altro quesito dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale riguarda la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura e mira ad eliminare il sistema delle c.d. “correnti”. Attualmente un magistrato che vuole candidarsi per diventare membro del C.S.M. deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme, che si possono ottenere solo avendo il sostegno di una delle correnti interne presenti nel C.S.M. stesso.

I promotori del referendum sostengono che le correnti siano dei veri e propri partiti dei magistrati che influenzano le decisioni del C.S.M. non garantendo così giustizia ai cittadini.

Nel caso in cui dovesse vincere il sì, tornerebbe in vigore la legge del 1958 a mente della quale il magistrato che voglia far parte del C.S.M. abbia quale unico onere quello di candidarsi.

L’ultimo quesito ha per oggetto la partecipazione degli avvocati ai Consigli giudiziari e la equa valutazione dei magistrati. I Consigli giudiziari sono organi ausiliari del C.S.M. con funzioni consultive e di indirizzo sulla progressione di carriera, cambio di funzioni e ad altre vicende professionali dei magistrati e sono composti da questi ultimi e da membri non togati, avvocati e professori universitari di materie giuridiche – i cosiddetti “membri laici”. I membri laici, tuttavia, sono esclusi dalle discussioni e votazioni riguardanti l’operato dei magistrati. Attualmente, dunque, solo i magistrati possono giudicare altri magistrati. Il referendum mira a consentire anche ai membri laici di giudicare l’azione dei magistrati.

Come si può leggere dal comunicato della Corte Costituzionale del 16 febbraio 2022, “i suddetti quesiti sono stati ritenuti ammissibili perché le rispettive richieste non rientrano in alcuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario”.

Un unico quesito dei sei in materia di giustizia sopposti al vaglio di ammissibilità della Corte è stato dichiarato inammissibile, in quanto ritenuto non abrogativo di una norma in favore di una preesistente, ma di fatto mirante ad istituire una nuova regola e come tale vietato.

Trattasi del quesito riguardante la responsabilità civile diretta dei magistrati.

 

A cura di Laura Campisano

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